martedì 7 ottobre 2014

3. La rapa e il pestello nella storia


  • Le rape all'epoca dei romani.
    Le rape, tradizionalmente, hanno fama di essere un vegetale poco appetitoso se non addirittura disgustoso. Nel corso della loro lunga e non gloriosa storia, le rape sono state cibo per mucche, maiali, pecore, poveri e disperati.
    Ai tempi dell'antica Roma, la rapa era l’arma contundente prescelta da scagliare contro figure pubbliche impopolari.

  • Le rape durante la guerra.
    Nel terribile “
    inverno delle rape” durante la Prima Guerra Mondiale, i civili tedeschi – a causa della perdita dei raccolti di patate e della scarsità di farina e pane – si ridussero a vivere quasi esclusivamente di rape, cosa che naturalmente non piaceva a nessuno, nonostante la pubblicazione di un utile (date le circostanze) e incoraggiante libro di cucina intitolato “Rape al posto delle patate”.

  • Le rape come motore della Rivoluzione Industriale.
    Le
    rape hanno comunque vissuto momenti positivi. Nel 18esimo secolo la rapa assunse un ruolo chiave in un sistema di coltivazione in cui ogni anno, a rotazione, nello stesso campo venivano piantati grano, rape, orzo e trifoglio. Il risultato fu uno spettacolare aumento della produzione di cibo. Non era più necessario che i campi rimanessero incolti: il trifoglio forniva al terreno una quantità di azoto più che sufficiente; e la resistente rapa – che si conservava anche d’inverno – forniva una quantità sufficiente di cibo per gli animali, così che i contadini non erano più costretti a macellare tutto il bestiame a novembre, con un conseguente aumento della disponibilità di latte e carne. La rapa contribuì così alla catena di eventi che condussero alla Rivoluzione Industriale, aumento della produzione di cibo e fattorie più efficienti.
    Un campo di rape.
  • Le rape nella storia dei fratelli Grimm.
    LA RAPA
    Due fratelli erano entrambi soldati, ma uno era ricco e l'altro povero. Il povero lasciò l'uniforme e si mise a fare il contadino. Zappò il suo pezzo di terra, e seminò delle rape. I semi germogliarono e crebbe una rapa che diventò grande e florida. Ingrossava a vista d'occhio e la si sarebbe potuta chiamare principessa delle rape. Questa divenne così grossa che occupava un intero carro e il contadino non sapeva che cosa farsene, non sapeva se la rapa fosse la sua fortuna o la sua disgrazia. Pensò di portarla al re come omaggio. Il re rimase molto sorpreso nel vedere una rapa così grande, pensava che il contadino fosse un favorito della fortuna. Il contadino spiegò di aver smesso di fare il soldato per coltivare la terra e guadagnarsi qualcosa; raccontò anche di avere un fratello ricco. Il re si impietosì e gli regalò un mucchio d'oro, campi, prati e greggi, e lo fece ricco, più ricco del fratello.
    Quando questi venne a sapere quello che il fratello aveva guadagnato con una sola rapa, lo invidiò e si mise a rimuginare come potesse procurarsi anche lui una simile fortuna. Così prese oro e cavalli e li portò al re, convinto di riceverne in cambio un dono molto più grande. Il re accettò il dono e disse che, in cambio, non avrebbe saputo dargli cosa più rara e preziosa della grossa rapa. Così il ricco dovette caricare sul carro la rapa del fratello e portarsela a casa. Si infuriò moltissimo e decise di uccidere il fratello. Assoldò dei sicari che fece appostare in agguato, poi con una scusa attirò il fratello nella trappola. Gli assassini gli si precipitarono addosso, lo legarono e volevano impiccarlo a un albero. Da lontano però un canto ed essi, spaventati, metterono il prigioniero in un sacco e lo issarono su un ramo. Egli da dentro riuscì a bucare il sacco e capì che il canto che aveva sentito era quello di un viandante che cavalcava nel bosco. Attirò l'attenzione del viandante dicendo di essersi infilato nel sacco della sapienza e di aver imparato moltissime cose. Così anche il viandante voleva entrare in quel sacco. Il viandante lo aiutò a scendere, slegò il sacco e lo liberò. Una volta entrato nel sacco si fece issare sul ramo. L'altro montò sul cavallo del viandante se ne andò.
    Jacob e Wilhelm Grimm.

  • La rapa nel folklore irlandese.
    L'ORIGINALE JACK O'LANTERN
    L'Irlanda ha portato la tradizione di intagliare le zucche con l'aspetto di Jack O'Lantern in America. Ma, l'originale Jack O'Lantern non era una zucca, le zucche non esistevano in Irlanda. Antiche culture celtiche scolpivano le rape alla vigilia di Ognissanti, e collocavano al suo interno un tizzone, per allontanare gli spiriti maligni. La leggenda di Jack O'Lantern risale a centinaia di anni fa nella storia irlandese.
    Stingy Jack era un miserabile, vecchio ubriacone che ingannò il Diavolo arrampicandosi su un albero di mele. Dopo che il Diavolo salì sull'albero, Jack Stingy mise frettolosamente delle croci attorno al tronco dell'albero. Incapace di toccare una croce,  il Diavolo fu così bloccato e Stingy Jack gli fece promettere di non prendersi la sua anima una volta morto. Il Diavolo promise e Stingy Jack rimosse le croci, e il Diavolo scese dal melo.
    Molti anni dopo Stingy Jack morì, andò alle porte del Paradiso e San Pietro gli disse che lui era cattivo e crudele, e aveva condotto una miserabile, inutile vita sulla terra, quindi non gli fu permesso di entrare in cielo. Poi scese all'inferno e il Diavolo mantenne la sua promessa e non gli permise di entrare all'inferno. Ora Stingy Jack era spaventato, non aveva nessun posto dove andare, se non passeggiare per sempre nel buio tra l'inferno e il paradiso. Chiese al Diavolo come poteva fare per lasciare quel posto così buio. Il Diavolo gli gettò un tizzone dalle fiamme dell'inferno, per aiutare Stingy Jack ad illuminare la sua strada. Jack aveva con sé una rapa che era uno dei suoi cibi preferiti; la scavò e mise il tizzone all'interno. Da quel giorno Stingy Jack si aggira sulla terra, senza un luogo dove riposarsi, illuminando il suo cammino con la sua "Jack O'Lantern".
    Una tradizionale rapa irlandese Jack O'Lantern del 20esimo secolo.

  • Il pestello nel folklore slavo, in Russia.
    BABA YAGA (in russo Бáба-Ягá)
    Baba Yaga è un essere soprannaturale che appare come una donna dall'aspetto feroce e deforme. Baba Yaga abita nel profondo della foresta, in una capanna sopraelevata che poggia su due zampe di gallina. Si sposta volando su un mortaio, utilizzando il pestello come timone e cancella i sentieri nei boschi con una scopa di betulla d'argento. Baba Yaga può aiutare od ostacolare coloro che incrociano il suo cammino.
Illustrazione ottocentesca di Baba Yaga ad opera di Ivan Yakovlevič Bilibin.
  • Il pestello nella mitologia africana.
    MITOLOGIA BANTU
    Nella mitologia Bantu la natura di Dio è spesso solo vagamente definita, anche se può essere associato con il Sole. In molte tradizioni, infatti, Dio vivrebbe nei cieli, proprio come nelle mitologie e nelle religioni occidentali. Diversi miti Bantu hanno lo scopo di spiegare la distanza tra Dio e gli uomini, ovvero il cielo e la terra. In molti miti delle origini il cielo e la terra erano più vicini gli uni agli altri, e vennero separati da Dio a causa di qualche disturbo causato dagli uomini. In uno di questi miti Dio si allontanò dalla terra perché le donne, nel macinare la farina nel mortaio, colpivano la sua pancia con i pestelli. In ogni caso,nelle religioni tradizionali Bantu, Dio è lontano e distaccato dalla terra e dall'umanità. Di conseguenza, poche pratiche religiose, se presenti, sono destinati ad adorarlo.
Mito della creazione nella mitologia Bantu.
  • Il pestello nella storia cinese.
    I GIOIELLI DEL MARE
    Un ragazzo cinese di nome Kwang-Su viveva nella città di Yo-chan con il papà e la mamma.I genitori proteggevano i loro bambini dai Geni malvagi facendogli indossare un nastro di seta rossa intrecciato nel codino o una catena d’argento intorno al collo poichè i Geni ne hanno paura. Il padre inviò Kwang-Su a studiare sotto la guida dell'uomo più saggio della città di Yun-nan. A diciotto anni, si tolse il nastro rosso dal codino e la catena d’argento, perché ormai era adulto. Quando compì vent’anni, il suo maestro non aveva altro da insegnargli e gli consigliò di tornare dai suoi genitori, consigliandoli di passare sul Ponte Indaco, dove avrebbe incontrato la sua futura moglie. Kwang-Su partì e, quando raggiunse il Ponte Indaco, era così stanco che si addormentò e sognò una ragazza che aveva una corda rossa legata intorno alla caviglia. Il ragazzo abbassò lo sguardo e vide che il suo piede e il piede della ragazza erano legati insieme dalla stessa sottile corda rossa. Capì che ella sarebbe stata la sua futura moglie. La ragazza si chaimava Ling-Ling e viveva vicino alla città di Yun-nan. Svegliatosi dal sogno riprese la sua strada e poco dopo si fermò ad una casa per chiedere da bere. Questa chiese alla figlia di riempire un bicchiere d'acqua e di portarlo al ragazzo e, quando la figlia apparve, era Ling-Ling, la ragazza del sogno. La mamma di Ling-Ling aveva dato alla figlia il potere di entrare e uscire dai sogni della gente, ma quando venne a sapere della corda rossa, non fu molto contenta poiché Ling-Ling era già stata promessa in sposa a un ricco signore. Ma la madre ormai sapeva che se la corda rossa legava veramente il piede di Kwang-Su con quello di Ling-Ling non avrebbe potuto fare nulla. Kwang-Su venne invitato ad entrare e su uno sgabello nella stanza c’erano un pestello ed un mortaio rotti. La signora disse che pestava le erbe magiche che i Geni le procuravano, ma si erano rotti e Kwang-Su si offrì di trovargliene di nuovi. Il pestello e il mortaio erano di giada e si potevano trovare solo nella casa dei Geni che si trovava sulla montagna che sovrastava il Mare di Gioiello. Se Kwang-Su le avesse portato degli attrezzi nuovi, avrebbe potuto sposare Ling-Ling. Il viaggio era stato molto lungo, faticoso e pieno di ostacoli e la mamma di Ling-Ling pensava che non sarebbe tornato vivo. Dopo una lunga camminata raggiunse il luogo dove otto Geni se ne stavano seduti su otto picchi innevati, guardando dall'alto il Mare di Gioiello, acque scintillanti con tutti i colori dell’arcobaleno, pieno di diamanti, rubini, zaffiri e perle; avrebbe voluto riempirsi le tasche. Siccome Kwang-Su aveva superato la prova gli otto Geni gli permisero di prendere il pestello e il mortaio di giada che, però, erano grandi e molto pesanti. Kwang-Su si chiedeva come avrebbe fatto a trasportarli. Quando gli venne in mente l'idea scese al Mare di Gioiello a raccogliere molte pietre preziose e le versò nel mortaio. Fece cadere sulle gemme il seme rosso che gli aveva dato Ling-Ling prima di partire, e in un attimo il pestello e il mortaio si rimpicciolirono. Riprese così il viaggio di ritorno. Giunto a Yun-nan scoprì che, poiché era stato via a lungo, la madre di Ling-Ling aveva detto a tutti che era morto e aveva organizzato una festa in onore del matrimonio della figlia con il ricco signore. Per fortuna il matrimonio non aveva ancora avuto luogo quando Kwang-Su arrivò. La madre era stupita nel vederlo. Kwang-Su offrì tre rubini al vecchio perché se ne andasse via; egli prese i rubini e se ne andò. Finalmente Kwang-Su e Ling-Ling si sposarono e vissero felici.
Illustrazione frontespizio - 1906
  • Il pestello nella mitologia giapponese.
    IL CONIGLIO LUNARE (in giapponese "tsuki no usagi" 月の兎)
    Il coniglio lunare è una creatura immaginaria presente nella mitologia e nel folklore di molti paesi dell'Estremo Oriente, ed in particolare di Giappone e Cina. Si tratta per l'appunto di un coniglio che vivrebbe sulla Luna. Deve la sua origine ad una pareidolia comune in Asia per la quale è possibile vedere, negli avvallamenti della faccia illuminata della Luna piena, la figura di un coniglio seduto sulle zampe posteriori a fianco di un pestello da cucina. Nel folklore giapponese il coniglio pesta del comune mochi nel tradizionale pestello giapponese, l'usu. Il suo mito si ricollega ad una antica fiaba buddhista, la Śaśajâtaka.
Il coniglio lunare.

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